Pratica filosofica, necessita un salto di qualità 1


Nelle scorse settimane mi è capitato di partecipare ad alcune discussioni sui social network attorno alla consulenza filosofica. Ogni tanto mi capita di farne, perché proprio i “limiti” dei social sono al tempo stesso delle “spie” per capire il livello di informazione sull’argomento e il modo in cui gli interlocutori lo trattano. E, anche in questo caso, ne sono emerse cose interessanti, ancorché preoccupanti, che vanno anche oltre quel che da tempo scrivo su queste pagine e nelle mie pubblicazioni.

Anzitutto è balzato agli occhi che anche chi si professa “maestro del dialogo” e declama la filosofia come “ascolto dell’altro” non abdica alle più diffuse e antipatiche prassi contemporanee: per esempio smettere di rispondere non appena le proprie idee vengano sottoposte a critica serrata, oppure addirittura “bannare” l’interlocutore in modo da toglierselo di torno (su tale ipermoderno modo di “cancellare” colui a cui non si sa dare ragioni ho dedicato una riflessione un po’ di tempo fa). Tuttavia su questo dato, triste ma soggettivo, non voglio adesso soffermarmi.

In secondo luogo si è evidenziata una generale ignoranza (in senso proprio, cioè mancanza di conoscenza) di quello che è stato il dibattito italiano (e anche estero) all’epoca della nascita nel nostro paese non solo della consulenza filosofica, ma anche delle cosiddette pratiche filosofiche. Nel corso del dibattito – al quale, va sottolineato, hanno preso parte anche e soprattutto docenti di scuole di pratica filosofica – i più hanno infatti dichiarato di non conoscere importanti lavori di chi, nei primi anni 2000, ha dato vita e provato a comprendere fondamenti e portata delle pratiche filosofiche, anzi, di non conoscere nemmeno i loro autori, tutti oggi attivi nel mondo delle pratiche (ma, guarda caso, poco presenti sui social…). Di più: c’è chi si è addirittura vantato di non conoscerli, ritenendo che sia inutile, anzi perfino assurdo, interessarsi alla letteratura di settore – che è come dire che sia deleterio avere una consapevolezza epistemologica del campo in cui si opera…

Di conseguenza, si è in terzo luogo palesata un’impressionante confusione terminologica e concettuale riguardo alle pratiche filosofiche (quella di cui parlavo su queste pagine qualche anno fa) e in particolare alla consulenza filosofica: fenomeno certo non nuovo, ma che stavolta ha mostrato di essere il prodotto di un’altrettanto impressionante impreparazione riguardo alle vicende storiche e alle riflessioni epistemologiche che hanno portato all’introduzione di queste attività, negli ultimissimi anni Novanta.

In generale, dalla discussione era possibile trarre l’impressione che nelle cosiddette “pratiche filosofiche” tutto vada bene, ognuno abbia il diritto e la libertà di far finta che prima di lui non sia successo alcunché e che la riflessione epistemologica sulle pratiche, la ricerca dei loro fondamenti, il vaglio critico sulle loro qualità e portata filosofica siano del tutto inutili, arcaico portato della filosofia “accademica”, sostituiti in toto dai meri “fare” e “aver fatto”, già da oltre venticinque anni criteri di verità della politica nazionale e adesso tracimati anche nel mondo del filosofare.

Se ne potrebbero trarre molte amare riflessioni, che sarebbero tuttavia noiose e – soprattutto – inutili: che la competenza, la consapevolezza storica ed epistemologica, la riflessione critica, il confronto serrato anche con chi si situi su posizioni lontane dalle proprie, non siano ormai più valori della cultura e delle società in cui si vive è cosa nota e di ciò è necessario anzitutto prendere atto. E poi reagire.

E l’unica cosa che ha senso fare per reagire – in questo e in ogni altro ambito sociale – è portare avanti un serio lavoro culturale, fatto di informazione, approfondimenti, critica. Un tale lavoro lo sto facendo da sempre, ma negli ultimi anni l’ho forse un po’ trascurato, così come mi pare l’abbiano trascurato le persone più serie e preparate che ho incontrato in questi vent’anni. E’ dunque il momento di riprenderlo con più energia.

I miei due libri sulla consulenza filosofica sono in ristampa, a breve lo sarà anche quello sulla filosofia in azienda che ho scritto con Paolo Cervari. Ma visto il livello di disinformazione andrò anche oltre, recuperando e pubblicando i testi più importanti scritti a fine anni Novanta e inizio Duemila da coloro che sono stati gli introduttori delle pratiche filosofiche in Italia, diffondendo informazioni da questo blog e dal portale dell’Istituto di Consulenza Filosofica. Ma, trattandosi di un  lavoro importante e che riguarda anche l’opera di altri, faccio appello a tutti coloro che siano interessati a collaborare, incontrarsi, anche solo avanzare richieste o fare domande: scrivetemi a neri.pollastri@gmail.com o telefonatemi al 3285753548.

La pratica filosofica italiana ha bisogno di un salto di qualità: facciamolo assieme.


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